La pandemia è un grande risveglio dal sogno collettivo della (presunta) sicurezza esteriore dettata da soldi, potere e fama
La nostra cultura occidentale è incentrata soprattutto intorno ai soldi. La società ha insegnato alla maggior parte di noi a inseguire il posto fisso, alla Checco Zalone, e lo stipendio a fine mese, anche a costo di fare un lavoro che odiamo, sacrificando la nostra autorealizzazione. La convinzione di fondo era quella che garantirsi una sufficiente somma di denaro ci mettesse al riparo dai problemi, ci garantisse la sicurezza definitiva e perenne.
Ebbene, è bastato un virus microscopico per infrangere tutte queste nostre certezze. Una delle grandi lezioni che la pandemia sta insegnando all’intera umanità è quanto questa presunta sicurezza sia in realtà assolutamente fragile. Persino molti di coloro che erano convinti di avere un posto di lavoro stabile si sono ritrovati in riposo forzato, o magari licenziati, da un giorno all’altro.
Anche i ricchi piangono
Chi possedeva ricchezze, anche straordinarie, ha visto erodere in un attimo il suo capitale. Jeff Bezos, l’amministratore delegato di Amazon, considerato l’uomo più ricco del mondo, ha perso 18 miliardi di dollari solamente nell’arco dell’ultimo mese. E se pensate che per un plurimiliardario come lui questa perdita sia tutto sommato sostenibile, provate a rileggervi esattamente la cifra: 18 miliardi di dollari.
Le persone più ricche, più potenti, più famose del mondo si sono scoperte improvvisamente vulnerabili. Si sono ammalati calciatori, uomini politici come il primo ministro inglese Boris Johnson, attori come Tom Hanks, alcuni vip purtroppo hanno anche perso la vita, come i compianti Sergio Rossi e Lucia Bosè. Il contagio non guarda quanto sia nutrito il tuo conto in banca, quanto sia grande la tua casa, quanto sia lussuosa la tua automobile, quante firme contenga il tuo guardaroba.
Riscopriamo i nostri valori
Insomma, come risvegliandoci da un sogno collettivo, ci siamo finalmente resi conto di quanto sia illusoria quella stabilità esteriore, sull’altare della quale la maggior parte di noi hanno sacrificato addirittura la propria felicità (uno scambio incredibilmente svantaggioso). Per molti questa consapevolezza può risultare scioccante e traumatizzante. Ma, allo stesso tempo, ci apre anche una straordinaria opportunità.
Questo è il periodo giusto per guardarci dentro. Per conoscerci, per ascoltarci, per leggerci nel profondo: abbiamo anche il tempo di farlo. Per chiederci quali siano i nostri valori, quali siano le reali priorità importanti e fondamentali della nostra esistenza, quale sia il potenziale che vogliamo esprimere nel mondo, non soltanto quale sia il lavoro più facile da trovare o più richiesto sul mercato. Per chiederci che persona vogliamo diventare, come vogliamo amare, quanto vogliamo crescere, non soltanto che cosa vogliamo fare.
Qual è il tuo progetto di vita
La stabilità potremo tranquillamente inseguirla quando saremo morti. La vita, invece, è continuo cambiamento, e nel momento in cui smettiamo di evolverci ciò significa che stiamo già cominciando ad involvere. Approfittiamo di questo periodo soprattutto per ripensare al nostro progetto di vita e ai modi per metterlo in pratica (se ti serve, puoi chiedere aiuto ad un coach, che è professionista in queste materie). Non è semplice, richiede di mettersi in gioco, abbandonare le proprie convinzioni passate, ci vuole fatica, impegno e coraggio, ma è l’unica vera strada che porta autenticamente alla felicità. Molto più dei soldi.
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