L’episodio che ha fatto più discutere del Festival di Sanremo dimostra gli effetti della repressione dell’amore per la vita, che diventa risentimento
Come accade puntualmente ad ogni inizio di febbraio, anche quest’anno l’attenzione degli italiani, per un’intera settimana, è stata calamitata dal Festival di Sanremo. Ma la particolarità di questa edizione è che la notizia più discussa non è stata l’identità del vincitore, o la canzone più bella, bensì una mancata esibizione: quella di Morgan e Bugo.
Se per caso nell’arco degli ultimi giorni vi foste trovati momentaneamente in vacanza su Marte, vi riassumo brevemente l’oggetto del contendere: nel corso della penultima serata della kermesse, l’ex leader dei Bluvertigo, che faceva coppia con il meno noto cantautore suo conterraneo, ha iniziato a cantare il loro brano non con il testo originale, bensì con parole modificate per l’occasione, che contenevano accuse nemmeno troppo velate al suo compagno d’avventura. A quel punto il suo collega ha abbandonato il palco, decretando inevitabilmente la squalifica del duo. Al di là degli immancabili aspetti di colore di tutta questa inaspettata vicenda, che hanno immediatamente dato la stura ad una serie infinita di meme diventati virali sui social network, ad aver incuriosito la maggioranza dei telespettatori e degli osservatori è stato soprattutto un dubbio: ma perché Morgan ha fatto tutto questo? Che cosa gli è passato per la testa?
I motivi (veri o presunti) di Morgan
Il diretto interessato è stato intervistato a più riprese e ha fornito versioni molto divergenti tra loro: a tratti è sembrato lasciar intendere che dietro a questo gesto ci fossero ragioni di marketing (“Bugo l’ho creato io: prima nessuno sapeva chi fosse, ora ne parlano tutti”) o addirittura artistiche (“Ho fatto un capolavoro, tanto che è finito sulla bocca di tutti”). Dimenticando, o facendo finta di dimenticare, che la capacità di penetrare la pubblica opinione è solo uno degli elementi che, in termini umanistici, caratterizzano un’opera d’arte: un secondo, almeno altrettanto importante, è l’impatto positivo sugli spettatori. In altre parole, l’arte deve innanzitutto essere in grado di migliorare la vita di chi ne fruisce. Altrimenti giungeremmo al paradosso secondo cui per diventare artisti basterebbe scendere in piazza e sparare con il fucile a chiunque ci stia intorno: in tal caso, sicuramente finiremmo sulle prime pagine di tutti i quotidiani, il giorno successivo, ma difficilmente saremmo invitati alla Biennale di Venezia.
L’impressione che mi sono fatto io, però, è opposta a quella dei soliti complottisti, che si sono convinti che si sia trattato solamente di un teatrino, ideato a bella posta per dare visibilità ai due cantanti. No, io penso invece che alla fine Morgan abbia detto la verità sulle ragioni che lo hanno mosso, quando ha spiegato che voleva “farla pagare a Bugo per aver violentato il pezzo di Sergio Endrigo (‘Canzone per te’, che i due avevano interpretato nella precedente serata dedicata alle cover, ndr) e al suo staff, che fin dall’inizio cercava ogni sotterfugio per escludermi dalla competizione”.
Dal rancore alla mania di persecuzione
Marco Castoldi, come si chiama all’anagrafe l’artista in questione, insomma, riteneva di essere finito al centro di una cospirazione ai suoi danni, volta a farlo fuori da Sanremo (che, inutile dirlo, è stata categoricamente smentita dall’entourage di Bugo). E il motivo per cui questa spiegazione mi convince è che si tratta di uno schema di pensiero fin troppo frequente e ricorrente, nel suo caso: analoghe cospirazioni, a suo dire, sarebbero state quelle che nel corso degli anni lo avevano portato alla precedente squalifica dal Festival nel 2010, ad essere allontanato da numerosi programmi televisivi, fino a perdere la casa pignorata per debiti. Insomma, non solo i collaboratori del suo vicino di palco, ma anche quasi tutti i network televisivi, per non parlare del tribunale: praticamente tutto il mondo ce l’avrebbe con lui.
Delle due l’una, quindi: o dobbiamo credere che Morgan sia sostanzialmente l’uomo più vessato d’Italia, oppure che sia affetto da evidenti manie di persecuzione. E, badate bene, non intendo attribuirle, come fanno molti, a quel prolungato abuso di stupefacenti che lo stesso cantautore aveva confessato in passato: semmai, anche quello è solo uno degli effetti, non certo la causa scatenante. Per arrivare a nutrire un tale odio e una tale rabbia da vedere chiunque ci circondi come una potenziale minaccia, infatti, bisogna prima di tutto reprimere quell’amore per la vita che fa parte spontaneamente di qualunque essere umano, a tal punto da soffocarlo sotto una montagna di rancore.
La madre svela il vero Marco
E forse a risalire alle origini di questo rancore ci è riuscita bene sua madre, la donna che lo conosce meglio, nella sua bella (e, credo, unica) apparizione televisiva nel pomeriggio di Rai Uno, durante la quale ha raccontato la tragica vicenda della scomparsa del papà di Morgan, a cui l’artista era molto legato, quando era ancora molto giovane. Da questa esperienza dolorosa sono sgorgate la sua insospettabile timidezza, la sua sensibilità artistica, ma anche il suo progressivo isolamento, la sua dipendenza dalle droghe, i suoi malesseri psicologici.
La dimostrazione che questa non sia la natura umana autentica di Marco, ma solo un effetto collaterale di quel risentimento e di quella ostilità nei confronti della vita che ha sviluppato in reazione alle sue ferite, la si è avuta al termine di quella stessa intervista con sua madre. Quando, cioè, lui ha telefonato in diretta in trasmissione, iniziando a vomitare come al solito la sua ira, finché proprio mamma Luciana non è riuscita a calmarlo con la sua pazienza e il suo affetto. E, a quel punto, Morgan non ha avuto paura di mostrare tutta la sua intima dolcezza, andando a raggiungere di corsa la madre, che non vedeva da mesi, all’uscita dallo studio televisivo (ma lontano dalle telecamere, per fortuna).
Riscoprire l’amore per la vita
Questo episodio ci dimostra quanto male possa provocare, a noi stessi e agli altri, la prolungata repressione dell’amore per la vita, al punto da alimentare una spirale senza fondo di disprezzo, invidia, ritorsione. Ma anche quanto possa essere salvifica la riscoperta della bellezza e del desiderio di felicità. Tutti coloro che vivono in quella condizione di intossicazione etica e psicologica hanno le risorse per uscirne, se lo desiderano e se si impegnano davvero in tal senso. E Morgan ha anche già in mano lo strumento principe per riuscirci: la sua vocazione, la musica. Non solo è un geniale autore e un profondo interprete, ma è anche un conoscitore della storia e della tecnica musicale come pochi altri in Italia. È giunto il momento che utilizzi questi suoi doni per dare un contributo positivo, invece che per vendicarsi. Di Bugo, così come di tutti gli altri che gli stanno intorno.
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