Dalla comunicazione esterna dipendono i nostri risultati nel lavoro e nelle relazioni, da quella interna le nostre emozioni e i nostri sentimenti
Prima di diventare un life coach, per molti anni, ho svolto unicamente il lavoro di giornalista. Spesso, quando mi capita di raccontare questo mio percorso di cambiamento professionale, mi rendo conto che in apparenza può sembrare una svolta drastica e radicale. Eppure, a ben vedere, i punti di contatto tra il mio vecchio e il mio nuovo lavoro sono molti, e molto più profondi di quanto si potrebbe credere.
Un life coach, come un giornalista, si occupa infatti fondamentalmente di comunicazione. La comunicazione è forse l’aspetto più importante di tutti, quando si vuole ottenere risultati e cambiare la propria vita. Ed è determinante almeno in due forme. La prima è quella passiva: occorre usufruire delle comunicazioni contenute nei siti web, nei libri, nei video, nelle lezioni dei nostri maestri, per sviluppare quel sapere specialistico che rappresenta una precondizione necessaria alla realizzazione di qualsiasi progetto (specialmente oggi che viviamo nell’epoca dell’informazione).
La comunicazione esterna…
Ma, come abbiamo visto, limitarci a sapere le cose non è sufficiente per produrre cambiamenti concreti: occorre mettere in pratica le cose che abbiamo imparato, agire, ovvero passare alla seconda forma di comunicazione, quella attiva. Comunicare con gli altri, ad esempio: il modo in cui lo facciamo (con quali toni, con quali espressioni facciali, con quali contenuti, con quale convinzione, con quali intenzioni) determina direttamente i risultati che otteniamo nei rapporti con il mondo esterno, in termini relazionali, sentimentali, sociali, lavorativi, economici.
Le grandi personalità della storia, capaci di cambiare il mondo (tanto in meglio, come Gandhi, Martin Luther King, John Fitzgerald Kennedy, Winston Churchill, quanto in peggio, come Hitler o Stalin), sono state quelle che hanno allenato, sviluppato e poi concretizzato le migliori capacità comunicative. Quelle che hanno saputo trasmettere la propria visione ad un intero popolo e dunque convincerlo a seguirli.
…e quella interna
Ma non è ancora finita. Persino il rapporto con noi stessi, infatti, dipende dalla nostra comunicazione: in questo caso non rivolta verso l’esterno, ma verso l’interno. Dalle nostre convinzioni più radicate, dalle storie che raccontiamo a noi stessi, dall’interpretazione che diamo a quello che ci succede. Molto spesso siamo abituati a pensare al nostro stato emotivo come una conseguenza diretta dei fatti che ci accadono, come una reazione inevitabile a ciò che subiamo dall’esterno. Ma, in effetti, non è così. A chiunque di noi sarà capitato di vedere due persone che si ritrovano a vivere la stessa identica circostanza, magari sventurata (la perdita di un lavoro, la rottura di un rapporto, il fallimento di un obiettivo), eppure per una delle due questo avvenimento si trasforma in un dramma e per l’altro in un’opportunità di crescita.
Dopotutto, che cos’è un’emozione se non una risposta fisica istantanea e immediata ad un nostro pensiero? Un pensiero positivo o uno negativo producono differenti atteggiamenti corporei, modalità di respirazione, finanche reazioni biochimiche, che a loro volta ci fanno sentire rispettivamente felici o tristi. Quando poi, con il tempo, a forza di ripeterle, diventano abitudinarie, ovvero quando ci siamo allenati molto in positivo o in negativo, queste emozioni si possono trasformare in automatismi, che riproponiamo sempre uguali, meccanicamente, di fronte ad ogni avvenimento dello stesso tipo. E possono finire per depositarsi in modo così radicato nel nostro animo da diventare veri e propri sentimenti.
Ma la realtà è che queste emozioni come la gioia o lo sconforto, e questi sentimenti come la felicità o la depressione, sono sempre e comunque un prodotto di ciò che pensiamo, di come comunichiamo con noi stessi. Ovvero, di qualcosa che possiamo controllare e modificare, perché non esiste nel mondo esterno, ma solo nella nostra testa. Basta cambiare il nostro modo di comunicare con noi stessi, raccontarci una storia diversa, ed ecco che il nostro corpo reagirà di conseguenza. Alleniamoci a immaginare scenari più favorevoli, ad adottare un portamento meno chiuso in noi stessi, a parlare con un tono di voce più squillante, a respirare in modo diverso, ed ecco che inizieremo a costruire la nostra felicità. Indipendentemente da ciò che ci accadrà dall’esterno.
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