Diventare ricco è possibile, se hai l’atteggiamento giusto

Per migliorare il tuo conto in banca, devi prima migliorare il tuo approccio mentale

Foto di Sharon McCutcheon per Unsplash

Ogni volta in cui i telegiornali ci annunciano le ultime statistiche sul Prodotto interno lordo, l’attenzione di tutta Italia è puntata su un unico, piccolo segno: quel “+” o quel “-” che precede la percentuale. Non occorre essere degli esperti economisti per capirne il significato. Se la percentuale è negativa, scatta la famigerata recessione, e l’economia nazionale va in crisi. Se invece è positiva, si è riusciti ad ottenere il tanto agognato obiettivo della crescita, e il governo può cantare vittoria. Almeno fino alla prossima rilevazione.

Perché un semplice segnetto è così importante per il destino di un’intera nazione? Perché il nostro sistema economico capitalista si fonda interamente proprio sul concetto della crescita. Affinché un’economia sia ritenuta sana, in altre parole, non basta produrre la stessa identica quantità di merci e servizi dell’anno precedente: bisogna per forza produrne di più. Peccato che questa teoria non tenga conto di un dato di fatto molto facile da comprendere: la crescita infinita è semplicemente impossibile. Prima o poi si arriva sempre al punto in cui ogni persona possiede già la sua automobile, e allora hai voglia a martellarla di pubblicità, a convincerlo a comprarsi l’ultimo modello dalle prestazioni ineguagliabili: difficilmente riuscirai a vendergliene un’altra. Prima o poi si arriva sempre al punto in cui le risorse disponibili sulla Terra finiscono, perché il nostro pianeta ha dei confini e, a forza di estrarre petrolio, carbone, gas, uranio, acqua, alla fine i giacimenti si esauriscono. E in quel momento, quando i mercati sono ormai saturi e le risorse depauperate, il sistema economico va inevitabilmente in crisi.

La ricchezza è infinita (davvero)

Se però dal “macro” passiamo al “micro”, ovvero se lasciamo da parte i grandi concetti dell’economia per analizzare la vita personale di ognuno di noi, scopriamo che la percezione cambia radicalmente. Piuttosto che concentrarsi sulla propria crescita, la maggior parte di noi ricerca invece la perenne stabilità (quella che in economia sarebbe bollata negativamente come “stagnazione”). Speriamo di raggiungere un contratto a tempo indeterminato, una casa di proprietà dalla quale non spostarci mai più, un matrimonio che duri per sempre. E non ci azzardiamo davvero a cercare un posto di lavoro migliore o più pagato, a traslocare in quella città che ci piace, a innamorarci del partner dei nostri sogni. Insomma, il più delle volte ci limitiamo a sognare (a parole) un miglioramento delle nostre condizioni, o ad invidiare chi pensiamo stia meglio di noi. Ma non agiamo concretamente per inseguirlo, perché siamo paralizzati dalla paura di perdere quello che già abbiamo.

L’esperienza della vita ci insegna però che questa sicurezza, questa stabilità è in effetti soltanto presunta, illusoria. I lavori si perdono, le case si cambiano, le relazioni finiscono. Quei programmi così precisi che avevamo tracciato per il nostro futuro, e che credevamo perfettamente solidi, vengono stravolti in un secondo dall’imprevedibilità del destino. Il bello, però, è che questo non è necessariamente un male. La vita può sorprenderci in qualunque momento con un nuovo lavoro, una nuova casa, un nuovo amore, e se noi siamo pronti ad accoglierli potremmo perfino scoprire che ci rendono più felici di quelli di cui ci accontentavamo fino a poco tempo prima.

Fate bene attenzione: questo non è un semplice auspicio, un’arida speranza, ma una possibilità concreta. Perché quella ricchezza che noi pensiamo di doverci contendere e litigare a vicenda è in realtà presente in abbondanza nelle vite di tutti noi. Mi riferisco ai soldi e ai beni materiali che sogniamo di possedere, ma non solo. Pensare che, per alleviare la pressione finanziaria che tutti noi sentiamo quotidianamente addosso, sia sufficiente accrescere il nostro conto in banca, infatti, è una semplice illusione: la realtà è che, più denaro si possiede, più è probabile sentirsi sotto pressione. Piuttosto, è fondamentale cambiare l’atteggiamento mentale in cui concepiamo la ricchezza, la viviamo, la conserviamo e la espandiamo. È fondamentale pensare ai soldi non come un fine ultimo, ma come uno dei tanti mezzi che ci permettono di ottenere i nostri obiettivi esistenziali più importanti: il benessere, la salute, le relazioni, la gioia. Quella pace interiore che poi, come conseguenza, ci porta anche al successo esteriore.

Ma, per creare il nostro destino di abbondanza (finanziaria e non solo), bisogna innanzitutto rendersi conto di un’importante verità. La carenza e la limitazione sono delle semplici bugie, inventate per spaventarci e tenerci sotto controllo, suscitando in noi avarizia, cupidigia, diffidenza e conflitto.
La ricchezza dell’universo è realmente presente dentro la vita di ognuno di noi ogni giorno, basta aprire gli occhi per vederla: si manifesta nell’amore, nell’amicizia, nelle intuizioni, nelle idee, nelle emozioni, nella creatività, nell’energia del nostro corpo e della nostra anima, negli obiettivi che ci poniamo. E non solo ci sono risorse a sufficienza per tutti, ma se ciascuno di noi si fa guidare dal cuore e si permette di inseguire ciò che davvero vuole, scopriamo addirittura che gli obiettivi di ogni individuo sono diversi. Non tutti desideriamo le stesse cose, le stesse persone, le stesse esperienze. Quindi non c’è proprio nessuna ragione di entrare in competizione, o di temere che se qualcun altro raggiunge il suo scopo, allora noi resteremo senza. Di ricchezza ce n’è più che a sufficienza per tutti.

Mentre la crescita economica è per definizione limitata, le nostre potenzialità di crescita umana, invece, sono infinite. Ed è proprio da questa continua crescita, questo continuo sviluppo, questo continuo miglioramento personale che trae origine la nostra autentica felicità. Iniziamo da oggi a prenderne consapevolezza. A preoccuparci un po’ meno della crescita del nostro Pil, e un po’ di più della crescita delle nostre vite.

«Con troppa insistenza e troppo a lungo, sembra che abbiamo rinunciato alla eccellenza personale e ai valori della comunità, in favore del mero accumulo di beni terreni. Il nostro Pil ha superato 800 miliardi di dollari l’anno, ma quel Pil – se giudichiamo gli Usa in base ad esso – comprende anche l’inquinamento dell’aria, la pubblicità per le sigarette e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine settimana. Il Pil mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende il fucile di Whitman e il coltello di Speck, ed i programmi televisivi che esaltano la violenza al fine di vendere giocattoli ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Comprende le auto blindate della polizia per fronteggiare le rivolte urbane. Il Pil non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori famigliari o l’intelligenza del nostro dibattere. Il Pil non misura né la nostra arguzia, né il nostro coraggio, né la nostra saggezza, né la nostra conoscenza, né la nostra compassione, né la devozione al nostro Paese. Misura tutto, in poche parole, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta».


Bob Kennedy, 18 marzo 1968

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